giovedì 18 gennaio 2018

La presenza Ortodossa in Magna Grecia




Articolo del Igumeno del Sacro Monastero Ortodosso - greco di "San Giovanni Therestis".
(Monaco aghiorita Kosmas)



Tutti, chi più chi meno, abbiamo sentito parlare delle colonie degli antichi greci nell’Italia del Sud e Sicilia. Città come Elea, Taranto, Sibari, Crotone, Locri Epizefiri, Reggio, Messina, Catania e soprattutto Siracusa sono molto conosciute a chi studia la storia antica. Personalità spirituali della statura di un Eschilo, un Erodoto e un Pitagora furono sepolti qui. Menti filosofiche come Empedocle di Agrigento e di Parmenide di Elea provocano ancora soggezione e ammirazione. Un grande poeta, Pindaro, conosceva bene la protezione del tiranno di Siracusa, “nella Sicilia di molte pecore” come scrive nel
Pizionico.
Platone, più tardi, viaggiò tre volte alla volta della stessa città (Siracusa) per cercare di realizzare i suoi progetti politici. Lì il frugale ateniese si stupì del lusso siracusano (v. 7a epistola).
I Romani, con la conquista ed il saccheggio di Siracusa nel 212 a.C., occuparono militarmente la Magna Grecia. Si curarono tuttavia di uccidere Archimede. Fu il loro unico contributo nel campo della scienza.
Sicuramente la regione fu il luogo ove i Romani vennero a contatto con la civiltà greca e non occorre ripetere la nota frase del poeta latino Orazio riguardante l’ellenizzazione di Roma.
Si deve tuttavia sottolineare che la grecità portò in Occidente anche il Cristianesimo. La lettera di san Paolo ai Romani fu scritta in greco, la lingua fino al 3° secolo della liturgia a Roma fu la greca come testimoniano anche le sue catacombe. E qui la Magna Grecia contribuì preziosamente al passaggio della civiltà in Italia e nel resto d’Europa. San Marciano, ad esempio, fu inviato dall’apostolo Pietro, dalla città greca di Antiochia, a Siracusa come primo vescovo.
L’ellenismo, ormai cristiano, riuscì a resistere anche alle incursioni gotiche del 5° sec. Quando, nel secolo seguente, l’imperatore romano Giustiniano invio il generale Belisario a riconquistare la regione ai barbari: “La gente di queste terra si univano a lui (Belisario) giorno dopo giorno”, perché appartenevano alla stessa stirpe e per questo i romani si imposero fisiologicamente nel Sud
d’Italia, per secoli.
Gli storici franchi parlano di “bizantinizzazione” della regione dopo aver precedentemente innalzato mura impenetrabili tra periodi storici. Non abbiamo del resto, nessuna battaglia dei “ bizantini “ contro i calabresi per il semplici motivo che dei greco-romani non potevano certo far la guerra al loro stesso popolo! Tuttavia, intorno al 580 d.C. i Longobardi, un altro popolo germanico, giunsero fino a Taranto. Così i Romani diedero il nome dell’antica Calabria (Puglia) all’omonima regione attuale per ragioni di prestigio dato che avevano perduto lì molti territori da parte dei barbari invasori.
La diffusione in Medio Oriente dell’eresia del Monofisismo costrinse molti monaci ortodossi a trovare rifugio in Magna Grecia. La fuga continuò quando gli Arabi nel 7° secolo conquistarono la Palestina e la Siria. Tuttavia l’ondata più grande di monaci arrivò qui durante l’Iconoclastia (ossia la politica imperiale di persecuzione e distruzione delle sacre immagini, ossia le icone). Intere comunità monastiche si rifugiarono in queste regioni iconofile portando con loro profonda cultura ecclesiastica e profana, regole e tipici monastici, preziosi manoscritti, icone e sante reliquie. Nel 732/733 l' imperatore Leone III Isaurico, reagendo alla posizione iconofila del papa di Roma, sottomise la Magna Grecia alla giurisdizione ecclesiastica del Patriarcato di Costantinopoli, fatto che doveva avere profonde ripercussioni nelle vicende ecclesiastiche e in generale nella civiltà della regione.
Tutta la vita si impregna della spiritualità orientale, i monasteri assurgono a centinaia e fioriscono grandi figure di santi e asceti: Sant’Elia il Siceliota, sant’Elia lo Speleota, san Giovanni Therestìs (il Mietitore), san Nicodemo, san Nilo di Rossano e tanti altri.
Infine in Calabria trovarono rifugio, nel IX e X secolo, i monaci della Sicilia quando gli Arabi dell’Africa sbarcarono nell’isola e iniziarono a conquistarla. L’avvenimento che cambia tuttavia definitivamente la situazione politico-religiosa dell’Italia meridionale è il Patto o Concilio di Melfi, in Puglia, del 1059. In base all’accordo, gli avventurieri Normanni fecero giuramento di fedeltà al papa e promisero di assoggettare la Magna Grecia al cristianesimo e al monachesimo franco-latino. Con la presa di Palermo e di Bari nel 1071, i conquistatori del Nord procedettero pertanto alla riorganizzazione ecclesiastica dei territori conquistati.
In Sicilia riuscirono facilmente a collocare vescovi franco-latini ma in Calabria, dove le tradizioni greche e ortodosse erano radicate da secoli, trovarono forti difficoltà. Qui la latinizzazione e la germanizzazione, a volte molto violente (deportazione o decimazione della popolazione greco-romana ortodossa rimpiazzata con coloni dalla Provenza e dalla Normandia, frati cattolici e “ baroni “ feudali, fatti venire dal nord Italia e dal nord Europa; distruzione o furto di libri e manoscritti greci; distruzione o asservimento di monasteri greco-ortodossi, diventati dipendenze delle certose franco-latine, scomparsa della lingua greca e cambiamento dei nomi, ecc.) durarono a lungo perché la resistenza della popolazione ortodossa fu vigorosa.
A Reggio l’arcivescovo Basilio fu rimpiazzato con un giovane nel 1089 e si conserva una lettera dell’arcivescovo ove traspare chiaramente la violenza dei conquistatori e di Roma. Vogliamo ricordare, la vicenda, dopo lo scisma del 1054, di due grandi confessori della fede ortodossa, san Luca il Grammatico (+1114) e san Bartolomeo di Simeri (+1131) che si salvarono miracolosamente dalle fiamme del rogo preparato dai franco-latini.
La progressiva separazione dall’Oriente Ortodosso, il crescente controllo sul monachesimo ortodosso e le continue conquiste dei vari occupanti condussero alla decadenza dell’Ellenismo cristiano. A Gerace l’ex monaco aghiorita Atanasio Chalkeòpulos, nominato vescovo latino della città, sostituì il rito greco con quello latino nel 1480 e a Bova, nel Reggino, la stessa cosa fece Giulio Stavriano nel 1572. La decadenza dei monasteri greci, che assommavano a centinaia, era evidente.
Nel 1579 il papa, per ottenere la loro completa latinizzazione e controllo, organizzò tutti i monaci greci della Magna Grecia secondo il modello occidentale, nel noto ordine dei Basiliani. Agli inizi dell’800, dei pochi monasteri di rito greco rimasti il papa ne chiuse 13 in Calabria e per quanto concerne il loro patrimonio, esso venne usurpato in vari modi, come ad esempio con l’istituto della “Commenda”, ossia con l’assegnazione dell’amministrazione dei beni del monastero a laici-nobili che “riscuotevano” le entrate.
Del resto, a cominciare dai Normanni, i vari conquistatori donarono interi monasteri greci e i loro possedimenti ai nuovi monasteri franco-latini (le Certose) fondati da loro stessi. Valga per tutti l’esempio del monastero greco dei S.S. Apostoli vicino a Bivongi (provincia di Reggio Calabria) che divenne possedimento della Certosa di Serra San Bruno fondata intorno al 1084 dal monaco tedesco, Bruno di Colonia, inviato dal papa in Calabria.
I monasteri greci erano un tempo dotati di ricche biblioteche piene di antichi e preziosi manoscritti greci miniati e di laboratori di copisteria (scriptoria). Infatti la Calabria nell’Alto Medioevo (cosa quasi inverosimile se facciamo un paragone con la situazione attuale) era uno dei maggiori produttori di libri e manoscritti del Mediterraneo. Purtroppo nel corso dei secoli queste opere sono state asportate completamente e la maggior parte di essi si trovano al Vaticano o in Spagna. L’unico manoscritto di valore greco del VI sec. ( “il Codice Purpureo” ) che sia rimasto in Calabria, è custodito a Rossano.
In mezzo alla generale latinizzazione si sono salvate due isole linguistiche greche, i paesi ellenofoni della Calabria e nove paesi della Puglia. I loro abitanti fino ad oggi parlano un dialetto con elementi greci antichi, medievali e moderni, prova evidente di ininterrotta presenza ellenica. Per poco sembrò che avrebbero potuto contenere e surrogare questa decadenza secolare i numerosissimi greci e persone di parlata albanese che nel 15°-16° secolo emigrarono dal Peloponneso e dall’Epiro per sfuggire all’invasione turca musulmana. Alla fine la chiesa cattolica non riuscendo a latinizzarli, fu costretta a fondare nel 1914 la diocesi uniata (greco-cattolica) di Lungro per le popolazioni di lingua albanese di Calabria. Per gli albanofoni di Sicilia fu espressamente fondata una simile diocesi a Piana degli Albanesi (in Sicilia), ex Piana dei Greci (la modifica del nome fu voluta dal regime fascista nel quadro della campagna di romanizzazione e cattolicizzazione voluta e perseguita da tale regime) presso Palermo.
E mentre ogni cosa faceva pensare che la Magna Grecia fosse solo argomento di storia e archeologia dal momento che tutta la regione è disseminata di ruderi di templi, monasteri, grotte e località ortodosse, monaci del Monte Athos si sono stabiliti tra i ruderi del Monastero di san Giovanni Therestìs (il Mietitore) nell’autunno 1994. Da allora sacerdoti locali neo-ordinati eseguono funzioni e Divine Liturgie nelle città di Lecce in Puglia, Reggio e Catanzaro in Calabria come pure a Messina e Catania dove risiedono molti studenti greci, greci stabilitisi permanentemente e ortodossi di altre nazionalità. Nel 2000 è terminata anche la costruzione di una piccola chiesa nel paese ellenofono di Gallicianò sull’Aspromonte per le necessità degli ortodossi “ grecanici “ mentre nell’agosto dello stesso anno la comunità di Mandanici (Sicilia Orientale) ha concesso l’uso del Monastero dell’Annunciazione.
Degna di particolare menzione e commovente è il regolare afflusso di pellegrini dalla Grecia che aiutano moralmente e materialmente il ritorno dell’Ortodossia in Magna Grecia. Il tutto avviene con la benedizione di Sua Eminenza Ghennadios, Metropolita d’Italia del Patriarcato Ecumenico con sede a Venezia. E così il vero e proprio “muro della vergogna“ che da secoli divideva le due sponde dello Jonio, grazie a Dio, sta finalmente crollando alla fine di questo millennio dopo essere stato reso impenetrabile agli inizi di esso.
Questa terra ha donato all’Occidente due civiltà (la greco-antica e la greco-cristiana) e soltanto quando aveva contatti con l’Oriente. Giustamente la Calabria è stata definita “terra d’Occidente volta verso l’Oriente“. Le navi degli antichi coloni, i monaci e le sante icone che arrivavano miracolosamente dal mare univano pacificamente le due sponde ioniche. I pellegrini di oggi portano icone, candele, incenso, reliquie, libri liturgici, l’obolo della vedova e lacrime. I santi luoghi hanno iniziato a gloria di Dio, a emanare nuovamente profumi celesti.
Tre sono i fattori che hanno permesso e suscitato il ritorno dell’Ortodossia in Magna Grecia. Primo il vivo desiderio di alcuni calabresi illuminati che hanno sviluppato rapporti con la Grecia ed in particolare con il Monte Athos, cuore della spiritualità cristiana orientale. Secondo la grande e pacifica realtà dell’Unione Europea che permette il movimento indisturbato dei cittadini dei suoi stati membri. Che lo si voglia o no, siamo invitati a vivere nella nostra epoca ove si parla molto di globalizzazione, diaspora, minoranze, diritti umani e “policivilizzazione”. Il terzo fattore è la desacralizzazione del mondo occidentale che ansiosamente va alla ricerca del sacro perfino nelle pericolose sette e nelle religioni esoteriche.
La nostra presenza in un mondo che in passato si era nutrito di testi filocalici (opera ascetiche orientali) è benvenuta e suscita vari confronti, buone curiosità e ricerche interessanti. Oltre a tutto questo, va aggiunto che il disprezzato e “complessato” Mezzogiorno italiano comincia a capire che con la grecità diventa rispettato. In un’epoca in cui la Filocalia e altre opere ascetiche ortodosse conoscono ripetute edizioni, soprattutto al Nord (!), il ritorno della presenza ortodossa in luoghi che un tempo “ producevano “ tale genere di spiritualità ha un’importanza assai rilevante.
La storia la dobbiamo studiare. Popoli senza memoria sono condannati a scomparire nell’odierno livellamento televisivo e consumistico. Per poter spiegare il presente si deve studiare il passato. Ciò, tuttavia, non significa che dobbiamo essere suoi ostaggi. Se non si comunica con la propria epoca, la nostra presenza in questi luoghi si riduce a un vagabondare erudito e turistico. Per noi i luoghi non sono soltanto memoria, museo, perché il museo è il certificato di morte e sepoltura di una civiltà. Parafrasando il verso del salmo si può dire che “ la mia storia mi sta sempre dinnanzi “. Il passato è una realtà in perenne movimento, fluida, indefinita e imprevedibile. Il luogo ispira nuove creazioni. L’antico è nuovo e attuale dato che è percorso dallo spirito della Chiesa.
Nel suo secolare cammino spirituale, l’Ellenismo ha eccelso quando si aprì, quando si incontrò con le altre civiltà. Dobbiamo sempre tenere presente il ruolo importante svolto dalle colonie nell’antichità come pure l’ecumenicità (mondialità) dell’impero romano ortodosso di Costantinopoli. E’ vero che la visita di pellegrinaggio ufficiale di Sua Santità il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, in Calabria e Sicilia, il 19-25 marzo 2001, ci ha donato una particolare benedizione paterna e forza. Tra l’altro Sua Santità ha riportato nel Monastero di san Giovanni Theristis (il Mietitore) vicino a Bivongi, un frammento di sante reliquie dalla Cattedrale della vicina Stilo dove si custodiscono i resti dei tre Santi Nicola, Ambrogio e Giovanni. Nel corso della sua visita il Patriarca ha poi visitato il paese di Seminara, vicino a Palmi e ha inaugurato le fondamenta di una chiesa dedicata ai santi locali Filarete il Giardiniere ed Elia il Giovane. Tale Chiesa è anch’essa in corso di affrescazione da parte di agiografi greci. Il Patriarca ha pure inaugurato una casa monastica vicino alla grotta dove praticò l’ascesi Sant’Elia lo Speleota e fino ad oggi acqua miracolosa scaturisce dalla volta della caverna. Il terreno circostante, comprendente i ruderi dell’antico monastero greco di sant’Elia, è oggi proprietà dei monaci ortodossi.
Giustamente dunque la nostra presenza ortodossa negli ultimi anni in Calabria è segnata dall’epoca prima e dopo la visita patriarcale. Dobbiamo inoltre innalzare inni di lode e ringraziamento al Dio Trino per averci permesso di vedere coperta la Chiesa (Katholikòn) del Monastero di s. Giovanni Therestìs. I lavori sono iniziati nell’ottobre 2001 e sono terminati alla fine del luglio 2002. Ringraziamo caldamente i numerosi pellegrini per l’aiuto prestato.
La Magna Grecia con il suo ricco passato, con una presenza ortodossa viva, con le possibilità e le occasioni offerte dalla “Pax Europea” può rappresentare una tribuna aperta da dove poter parlare e discutere permanentemente. L’interesse sempre crescente degli italiani per la spiritualità ortodossa e l’icona è prova evidente che l’Ellenismo cristiano è una realtà attuale. E Gloria a Dio.

Tratto dal Libro "Ricordando il Monaco Aghiorita Kosmas"
Iskra (Macchia Albanese)LA PRESENZA ORTODOSSA IN MAGNA GRECIA*

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